Mauro, per festeggiare la remissione alcuni giorni in Val Gardena, what else?
“Ma cosa diavolo è un linfoma? Che tumore è? Cosa provoca? Come si cura? Si può guarire?”.
Mauro Tosi ha 65 anni quando gli viene diagnosticata la malattia ematologica.
Tre figli, un maschio e due femmine. Giornalista professionista, ex cronista presso diversi periodici locali, dapprima dell’hinterland milanese – dove risiede – e in provincia di Varese, poi in Liguria e in Piemonte. In pensione da qualche anno. Sportivo, appassionato di montagna (la Val Gardena è il suo “luogo del cuore”) e di ciclismo. Lettore onnivoro con una predilezione per i saggi storici e attivo membro di associazioni culturali.
Quando aveva poco più di 50 anni, fu colpito da un altro tumore: un melanoma che fu rimosso chirurgicamente all’Istituto dei tumori di Milano, senza effetti sulla sua salute.
“Era una domenica mattina, il 18 dicembre 2022 – racconta -. Tornato dal mio ‘giro’ in bici con alcuni amici ciclisti, durante la doccia ho sentito alcuni rigonfiamenti all’inguine destro. Lì per lì non ci ho dato peso. Probabilmente ho sforzato troppo sui pedali nella volata finale, dove nessuno vuole mai arrivare ultimo per non subire gli sfottò… Passerà, dai. Basterà un po’ di riposo”.
Non è dello stesso avviso il suo medico di base che, un po’ allarmato, gli consiglia un’ecografia e, in seguito, diversi altri esami diagnostici e no.
In breve, arriva il verdetto: linfoma non Hodgkin follicolare, al quarto stadio (avanzato), interessamento di diversi organi e un midollo compromesso per oltre la metà.
“Una bella sberla – ricorda Tosi -. Un tumore dell’apparato linfatico, dopo il melanoma di quindici anni prima! E pensare che io mi sentivo bene. Non avevo alcun sintomo. Mi ‘sparavo’ giri da cento chilometri in bici da corsa, con medie sostenute”.
Subito la colpevolizzazione: “Perché mi è venuto? Non fumo ma avrò seguito una dieta sbagliata. L’inquinamento? La predisposizione familiare? Il dna? Il karma? Che altro?”.
Scatta subito la corsa al “dottor Google” con ore e ore a leggere siti medici, più o meno autorevoli, cercando di capirne un po’ di più. La sua laurea in Lettere moderne e la sua formazione umanistica non l’aiutano. Anzi.
Dopo qualche giorno, ha le idee sempre più confuse. E l’umore in rapida depressione. Poi la drastica decisione: non si collegherà più ad alcun sito o blog.
“E’ facile immaginare come ci senta dopo una diagnosi del genere – testimonia -. Ti crolla il mondo addosso. Senti la tua vita a rischio. Cominci a pensare di essere arrivato al tuo capolinea. Rifletti sulla finitezza del destino umano. Certo non solo del tuo ma di tutti gli uomini che vengono al mondo e devono, chi prima, chi dopo, lasciarlo definitivamente. Insomma alla morte. Una certezza che, quando si ha la fortuna di essere sani, consideriamo poco o nulla”.
Consulta diversi “luminari” e centri ospedalieri milanesi fino ad arrivare all’Ematologia dell’Ospedale di Niguarda. Alla fine di febbraio 2023, visita dal primario, professor Roberto Cairoli.
“Di un anno più giovane di me, mi è apparso un medico molto coscienzioso e mi ha subito ispirato grande fiducia – dice -. Ha letto tutti i miei referti con molta cura e attenzione. Poi mi ha prospettato la cura: chemioterapia e immunoterapia. E precisato che il mio linfoma è a uno stadio avanzato ma è indolente, non aggressivo. La terapia non è urgente anche se non bisogna dormire sugli allori. Bene si parte! Anche se quella parola aleggia dentro la mia testa, lasciandomi inquieto e preoccupato: chemioterapia… Sei cicli”.
Ricorda molto bene il suo “ingresso” all’Ematologia Mac del Niguarda.
“Era il 10 marzo 2023 – testimonia Mauro Tosi -. La segretaria al banco accettazione mi accolse molto bene, disse con un sorriso: ‘E’ il suo ingresso? Bene. Benvenuto tra noi!’ Ah, la cordialità meneghina scalda in cuore”.
Dopo i prelievi del sangue, l’attesa del proprio turno per la visita medica. La grande sala d’attesa è quasi al completo.
“Mi guardo attorno e osservo tutte queste persone – ricorda -. Mi colpisce soprattutto una signora, sui settant’anni, magrissima, di grande pallore, un turbante in testa. Mi sembra respiri a fatica. Camminando trascina i piedi. Ma conserva una grande dignità. Diventerò così anch’io? Provo una stretta al cuore…”.
Il 6 giugno la prima infusione chemioterapica, seguita dal trattamento immunoterapia. Poi le altre cinque.
Sul letto, con la flebo nel braccio, per quattro o cinque ore, dormicchiando, leggendo e ascoltando musica con le cuffiette, quando ci si riesce o conversando un poco con gli altri “compagni di sventura”.
“Un po’ di rimbambimento, un po’ di nausea, la testa come avvolta nell’ovatta. Qualche problema di equilibrio. Nulla più, comunque. Fisicamente pensavo molto peggio – racconta Tosi -. Il problema maggiore è la testa: il pensiero torna sempre lì. Alla tua malattia. Ormai fai parte dei soggetti ‘fragili’. Sei entrato nel ‘lato notturno’ dell’esistenza e fai i conti con la finitezza umana. Cerchi di aggrapparti all’ottimismo della volontà. Ma non è sempre facile. Una ‘botta’ pesante te la danno i tuoi capelli che ti lasciano. Allora cerchi di evitare gli specchi”.
Poi a settembre, con il quinto ciclo terapico, arriva la “bastonata”, forte: per quasi una settimana, testa pesante, poca lucidità, difficoltà di concentrazione, nausea, mancanza di sensibilità ai polpastrelli e alle piante dei piedi, movimenti lenti e una grande stanchezza. Insomma un grande stato di debilitazione. E pensieri “neri”.
“Il salvagente determinante è stato mia moglie e anche i miei tre figli – spiega -. Preziosi anche gli amici più intimi che ho messo al corrente della mia condizione, con i loro messaggi e le telefonate. E poi, per ultimo ma non ultimi, il personale del Niguarda: dai medici agli infermieri, tutti di grande professionalità unita a una spiccata umanità: caratteristica quest’ultima davvero preziosa che mi ha aiutato tantissimo, un valore aggiunto davvero inestimabile”.
Alla fine di novembre, il termine della terapia e i vari esami (tac, pet, ecocardio, biopsia midollare) e la notizia sperata e agognata: remissione! Il linfoma è fortemente regredito. Certo non la guarigione completa (impossibile per questa malattia) ma il risultato migliore: il tumore è stato bloccato. Ora un trattamento di immunoterapia ogni due mesi per due anni. Ed esami di controllo.
“Quando sono uscito dal Padiglione Sud del Niguarda, il cielo era azzurro, con un po’ di sole. L’ho guardato a lungo. Un aereo di linea, altissimo, lo stava attraversando lasciando dietro di sé una lunga scia bianca. E ho respirato intensamente. Mi sentivo all’ultimo giorno di scuola, con la certezza della promozione e la prospettiva di una lunghissima catena di giorni di vacanza davanti a me. Stupendo…!”.
Come ha festeggiato? Alcuni giorni in Val Gardena! What else?
“Quando mi sono trovato al cospetto del Sassolungo, nella ‘mia valle’, mi sono commosso fino alle lacrime…”, ammette.